Salvatore Conte (Roma, 1968) è laureato in scienze politiche. Specialista in diritto comunitario, è funzionario della pubblica amministrazione italiana.
Biografia
Interessato a quanto attiene alla codificazione dei ruoli nella società patriarcale, ha approfondito la riflessione sui grandi conflitti storico-politici di sistema. Ha innalzato a simbolo, a figura emblematica della cultura euro-mediterranea, Didone, la regina di Cartagine, intorno alla quale trovano spontanea collocazione i più significativi scenari politici, di oggi come di ieri. Per raccogliere in un quadro di completezza tutti gli spunti di riflessione, propri e dei molti studiosi, che si sono cimentati nella lettura dell’Eneide di Virgilio, ha dato vita ad un sito web di approfondimento, www.queendido.org, accreditato presso Università ed Accademie di più Paesi. Il sito può dirsi il più completo repertorio iconografico ed il più ricco archivio di dati riguardanti Didone, oltre che luogo di confronto ermeneutico.. L’autore ha elaborato un quadro di pensiero intorno a Virgilio ed alla sua scrittura, pervenendo a posizioni di forte contrapposizione rispetto alla critica ufficiale, mai, tuttavia, contestate. Ha trovato, d’altra parte, in particolare fra i ricercatori d’Oltralpe e d’Oltreoceano, ampia consonanza di giudizio. Come mezzo di comunicazione del suo pensiero ha scelto il saggio, agile forma di scrittura, che permette di codificare nel breve tratto concetti di rilevante profondità. Gli studi sono caratterizzati da una forte vivacità critica, che si manifesta in particolare nel rovesciamento di posizioni generalmente acquisite, in realtà confutabili e confutate su basi storiche rigorose. Lo stesso rigore di analisi e la stessa cura nel documentare il contesto storico e la fama nei secoli sono stati riaffermati nella presentazione di Agrippina, moglie di Claudio e madre di Nerone. Pensiero
Cacozelia latens In linea con le posizioni di un illustre studioso francese, Jean-Yves Maleuvre, in Contre-enquète sur la mort de Didon, l’autore fa propria la valutazione espressa da Vipsanio Agrippa, (63-12 a.C.), l’architetto del Pantheon e grande Comandante romano, genero di Ottaviano Augusto, il quale avvertì nello stile letterario di Virgilio un qualcosa di sfuggente, una eccessiva ricercatezza, che ha chiamato cacozelia latens. Da amico di Augusto si rese conto della pericolosa ambiguità implicita nei versi di Virgilio, che invitava ad una lettura diversa rispetto alle aspettative propagandistiche del regime augusteo.L’interpretazione comune del Quarto Libro dell'Eneide si base su un assunto, che Conte rigetta: Enea è l’eroe celebrato, l’eroe che rappresenta la virtus romana, l’eroe che vince a spese di Didone. Virgilio stesso sembra incoraggiare questo tipo di lettura, se chi legge si ferma ad un livello superficiale: come poeta ufficiale non poteva sminuire il personaggio di Enea, in cui tutti leggevano la trasfigurazione di Augusto. Tuttavia, sotto il velo di un’esposizione politicamente corretta il poeta si è premunito di esprimere il proprio autentico pensiero utilizzando un linguaggio che parla in due (o perfino tre) maniere differenti allo stesso tempo. Compito del lettore, che diventa il vero destinatario dell’opera, è quello di espungere le apparenze ingannevoli allo scopo di penetrare nel subtesto, rimuovere la maschera ed ascoltare la voce di Virgilio. La morte di Didone costituisce il momento più alto e l’espressione più felice della cacozelia latens: il Pio Enea non appare tale, mentre la sua vittima merita compassione e, soprattutto, la nostra ammirazione per il suo autentico eroismo. Alla fine i ruoli vengono invertiti.
Catabasi di Didone. L’autore sostiene che il suicidio di Didone non sia stato materialmente consumato, perché la Regina viene rappresentata come il modello più alto di dux femina (Aen.I, 364), come colei che ha salvato il suo popolo dall’avidità del fratello Pigmalione. Un dux non abbandona il suo popolo proprio nel momento in cui si stavano ultimando i lavori di costruzione di Cartagine. Di conseguenza, se Didone non è morta, anche la sua catabasi agli Inferi è “vivente”, una “sincope della vita”, a cui poi sono seguite l’anabasi (vivente) e la rinascita interiore (resurrezione ante mortem). Per sincope si intende un’esperienza, che va oltre la stessa perdita della coscienza di sé, poiché durante il periodo della catabasi non si è né vivi né morti. La vita risulta sospesa ed il corpo una sorta di cadavere dormiente.
Principio Femminile. Il Principio Femminile si contrappone al Dio maschile, è la Grande Dea Madre, che nelle società primordiale era raffiguratata come la Terra, un grembo naturale, avente in sé il potere di accogliere, far crescere in sé, generare alla luce. Si identifica con Iside o la Luna, la Triplice Dea. Da un punto di vista teleologico, Didone costituisce per Virgilio l’exemplum solenne del Principio Femminile indiviso, contrapposto alla concezione affermata dal Politeismo patriarcale ellenistico, che aveva definitivamente smembrato il culto indomediterraneo della Grande Dea Madre in una serie organizzata di culti femminili su scala ridotta ed in latente conflitto tra loro.
Misoginia. I principi enunciati rientrano in un orizzonte di pensiero più ampio, che si identifica con il massimo valore attribuito alla Donna, Vergine e Madre, come a dire al Principio Femminile simbolico, alla Dea Gioconda. L’autore sviluppa il concetto di misoginia in riferimento sia al passato sia alla società contemporanea, ancora profondamente ancorata a principi religiosi, che di fatto escludono la donna dal pieno esercizio dei propri diritti. In questo senso ha seguito con particolare interesse il caso di Pegah Emambakhsh, vittima simbolica di una società patriarcale, anche se, in seguito, si è rivelato essere una montatura massmediatica, come viene ipotizzato in un articolo di Secondoprotocollo (2). Scritti
Didone Liberata. Dramma rappresentato per la prima volta il 29 luglio 2005 a Tarano in Sabina. Il Dramma rappresenta il conflitto Enea-Didone e mette in evidenza il nesso fra la spiritualità pagana ed il cristianesimo profetico di Virgilio, in linea con la ricerca critica sulla teleologia virgiliana. Il testo rivela originalità nel suo accogliere citazioni e stimoli concettuali tratti dal libretto dell'Opera lirica, "La Didone" (1641), di Giovan Francesco Busenello, insigne poeta e giurista veneziano ("Shakespeare di Venezia"), noto anche per il libretto de "L'Incoronazione di Poppea", musicata dal Monteverdi. La connessione fra Virgilio ed il suo cultore Busenello si è rivelata particolarmente fausta per gli sviluppi futuri, inaugurando, di fatto, in Italia ed in altri Paesi, un rinnovato interesse.
Un pupo per Agrippina (insieme con Loredana Marano e Gennaro Francione). Tema centrale della tragedia, che è recitata con accompagnamento di danza e musica, è il rapporto di amore-odio fra Agrippina ed il figlio Nerone in uno scenario di sospetto e violenza.
Saggi
Dido sine veste. Il saggio, partendo dalle più recenti acquisizioni ermeneutiche inerenti forma e strategia del linguaggio virgiliano, esamina la “doppia scrittura” di Virgilio, anche con ricorso alla imitatio esplicativa svolta da contemporanei quali Ovidio e Silio Italico. Il metodo interdisciplinare, ovvero l’ attenzione a più ambiti speculativi (letterario, storico, politico, religioso), sostiene la ricerca dei punti di contatto tra la Didone, Eroina virgiliana, ed il personaggio storico (o mitico) della fondatrice di Cartagine. L’autore, confortato da paralleli studi critici, sostiene che Didone rappresenta, al più alto livello, l’ incarnazione letteraria dell’Autore fino ad assumere la funzione di Eroe principale del Poema. La ricerca sulle aporie testuali e sulle regole di narrazione conduce verso una netta confutazione: il noto suicidio della Regina virgiliana non si concretizzerebbe, ed in luogo di questo si svilupperebbe la catabasi epica del personaggio. Tale esito risulta coerente con il quadro storiografico giudicato più plausibile.
Il tesoro di Didone. L’autore non prende in considerazione le fantomatiche ricchezze cercate da Nerone, di cui ci riferiscono Tacito (in Annales 16.1/3) e Svetonio (in De vita Caesarum 6.31), ma l’autentico Tesoro di Didone, una preziosa eredità costituita da principi e valori.
Morte e contromorte in Virgilio. L’intero corso dell’Epica classica si svolge al confine tra Umano e Sovrumano, tra Visto e Non Visto, mentre la rapace Morte incombe su questo confine. La Morte non è spettacolo, ma il punto di incontro fra due dimensioni sempre presenti nel mondo.
AgrippinA latens. Il saggio, che studia la controversa figura di Agrippina, madre di Nerone, porta un contributo in tre direzioni specifiche: - individuazione di un criterio di orientamento nei giudizi alterni e sovente impenetrabili di Tacito, quale fonte principale della percezione storica di Agrippina, assunta dall’autore. - riconoscimento delle assonanze virgiliane in Tacito; - risoluzione delle riconosciute difficoltà inerenti la morte di Agrippina, attraverso una tesi inedita, elaborata sotto la guida di un coerente giudizio di Tacito su Agrippina e dei richiami virgiliani che ne supportano la definizione.
Proserpina, la Regina ai confini del Mondo, intervento presentato con la prof.ssa Loredana Marano durante il Symposium Cumanum 2007 .
L'esilio di Ottavia, il destino di Ifigenia e l'ombra di Agrippina, intervento presentato con la prof.ssa Loredana Marano durante il Symposium Cumanum 2008.
Altri progetti Da dicembre 2007 collabora con l’ONG italiana Secondo Protocollo: suo interesse sono i diritti delle donne.
http://www.queendido.org/pegah.htm https://www.centrumlatinitatis.org http://www.vergil.clarku.edu/sympos.htm http://www.vicoacitillo.net/senecio/sag/didones.pdf http://www.secondoprotocollo.org/index.php?option=com_content&task=view&id=1460&Itemid=1 (2)http://www.secondoprotocollo.org/index.php?option=com_content&task=view&id=1210&Itemid=5 http://www.ildialogo.org/filosofia/avvio24072007.htm
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